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Quando ci si sdraia nel solarium alcune zone a contatto con il plexiglass hanno meno apporto di sangue, il che può portare ad una minore colorazione dei pigmenti. Si consiglia di non restare statici e di spostarsi lateralmente ogni tanto o di fare una doccia solare.
Innanzitutto chi porta le lenti a contatto deve toglierle prima del trattamento. Per tutti è obbligatorio l’uso di occhialini perché i raggi ultravioletti sono pericolosi per il cristallino che diventa opaco e la retina perde elasticità e rischia il distacco come nel sole. Non è sufficiente tenere gli occhi chiusi poiché le palpebre non hanno un effetto filtrante.
Le due tecnologie sono molto differenti. Le docce o lettini solari a bassa pressione (e in generale tutte le macchine a bassa pressione) emettono UV per mezzo di tubi al neon, con una più alta percentuale di UV-B rispetto all’alta pressione; nella bassa pressione questo porta ad una abbronzatura che può essere vista alcune ore dopo la seduta (5-6 ore) ma che dura più a lungo (fino a 7-10 giorni). La tecnologia abbronzante ad alta pressione invece fa uso di lampadine come dice la parola stessa ad alta pressione con un filtri UV, che lasciano passare una maggiore percentuale di raggi UV-A, che le porta a dare un risultato più immediato appena dopo la seduta, ma di durata più breve (3-5 giorni). Qual è migliore? Non esiste una risposta, dipende dai fototipi per esempio i fototipi più scuri con questa tipologia di lampade ottengono dei risultati migliori.
Sono cautele d’uso, tuttavia non denotano pericolosità intrinseca, ma solo tutela nei confronti di categorie alle quali la legge pone sempre e comunque particolare riguardo. Il minore non può fare le lampade.
Si, meglio proteggerli . In caso di nei sospetti è sempre consigliata una visita dermatologica .
Prima di ogni lampada, è necessario detergere bene la pelle in quanto il trucco (mascara, fondotinta, rossetti) contiene profumi e sostanze che reagiscono alla luce e potenziano i danni dei raggi.
È consigliato non esporsi al sole prima di 24/48 ore dopo una seduta abbronzante ed evitare sedute ravvicinate e frequenti. Quindi no a esposizione solare naturale o del lettino nello stesso giorno.
Innanzitutto è consigliata una pulizia profonda dall’estetista e magari anche un trattamento apposito, dopo di che la lampada è una buona alleata per risolvere questo problema, aiuta nella maggior parte dei casi. Non bisogna però applicare moltissima crema prima di entrare perché impedirebbe alla pelle di respirare causando l’infiammazione dei comedoni. Se invece una persona ha solo qualche brufolo sparso, è meglio applicare prima della seduta una protezione nella zona circoscritta.
Puoi ricominciare a prendere sole, naturale o artificiale almeno dopo due settimane dal tatuaggio e comunque devi avere la precauzione di utilizzare creme protettive a schermo totale per proteggere l’inchiostro del tatuaggio.
L’efficacia, e quindi il risultato, dipendono da molteplici fattori soggettivi e oggettivi primo fra tutti il fototipo. Poi l’alimentazione e precedenti esposizioni naturali o artificiali. Molti modelli di macchinari consentono di vedere un risultato apprezzabile già dalla prima seduta.
La protezione solare va applicata solo se strettamente necessaria in quanto blocca la produzione di vitamina D.
Grazie alla luce rossa o rosa dei led o tubi, viene stimolato il collagene e l’elastina, penetrando in profondità nella pelle, migliorandone visibilmente il tono, la morbidezza e lucentezza, donando una pelle radiosa e giovane.
Fai attenzione alla crema viso da giorno che stai usando perché la maggior parte di esse hanno fattore di protezione alto! Perciò i raggi ultravioletti vengono bloccati.
Se l’antibiotico è fotosensibilizzante occorre evitare di prendere il sole o sottoporsi alle sedute nei solarium perché la pelle potrebbe essere più sensibile ai raggi UV e potrebbero manifestarsi irritazioni della pelle, comparsa di macchie rosse o bollicine.
La vitamina D è un elemento essenziale per la salute del nostro organismo che, se presente in livelli adeguati, è in grado di prevenire il rischio di numerose patologie, comprese alcune forme di cancro. La vitamina D può essere assunta attraverso il cibo, i supplementi vitaminici, ma viene anche prodotta naturalmente dal nostro organismo in seguito all’esposizione ai raggi del sole.
Perciò è possibile ottenere livelli adeguati di vitamina D soltanto attraverso l’alimentazione? E fino a che punto un’esposizione prolungata ai raggi solari può essere salutare per il nostro organismo?
La risposta a questi due importanti quesiti sembra giungere da alcune ricerche pubblicate di recente su importanti riviste mediche internazionali.
Due ampi studi epidemiologici compiuti negli Stati Uniti e pubblicati sulla rivista Archives of Internal Medicine, ad esempio, hanno messo in evidenza come i livelli di vitamina D nella popolazione comune siano andati incontro a una forte diminuzione nell’ultimo ventennio, probabilmente a causa di una presenza ridotta di questo elemento nel cibo di comune utilizzo, accompagnata dal forte aumento di mestieri d’ufficio, che non prevedono l’esposizione diretta ai raggi del sole. Le creme solari protettive inibiscono inoltre la sintesi di vitamina D da parte del nostro organismo, in quanto bloccano l’azione dei raggi ultravioletti che sono a loro volta legati a un maggior rischio di melanoma della pelle.
Il complesso legame esistente tra esposizione ai raggi solari, livelli di vitamina D e rischio di melanoma è stato messo in evidenza da un’analisi apparsa sulla rivista Annals of Epidemiology, che ha mostrato come livelli adeguati di vitamina D nell’organismo possono ridurre il rischio di melanoma della pelle, una patologia strettamente legata all’eccessiva esposizione del corpo ai raggi del sole.
È possibile quindi che la modesta esposizione ai raggi del sole sia in qualche modo salutare per il nostro organismo e che l’eccessivo ricorso alle creme solari abbia conseguenze negative sulla nostra salute?
Il dibatto sembra essere ancora aperto e i dermatologi attualmente sottolineano come una leggera esposizione del corpo ai raggi del sole, preferibilmente nelle ore meno calde, potrebbe rappresentare la strategia migliore per la salute dell’organismo. Contribuirebbe infatti ad accrescere i livelli di vitamina D nel sangue senza incrementare in maniera sostanziale il rischio di melanoma associato all’esposizione eccessiva ai raggi ultravioletti.
Fonte: Ginde AA et al. Demographic differences and trends of vitamin D insufficiency in the US population, 1988–2004. Arch Intern Med 2009; 169:626-32.
Egan KM. Vitamin D and melanoma. Ann Epidemiol 2009. doi:10.1016/j.annepidem.2009.01.005
Stefano Massarelli
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